Postille di filosofia della cura Si avvierà una riflessione sul ruolo della razionalità poietico-melodica nel gesto di cura proprio in un tempio in cui l’ascolto e la cura delle anime sembra vivere di nuovo un «tempo di povertà». Il mondo interiore é come un arrière-pays (Yves Bonnefoy) abitato da presenze, istanze, come scrive Freud, mutevoli e sfuggenti (quanto ridicolo a volte lo sforzo della Ragione di catturarli e rinchiuderli in concetti, categorie, eventi storico-biografici). Presenze che possiamo a volte riconoscere come più familiari, altre come straniere, perturbanti, capaci di mescolare, sovvertire la cittadella dell’Io e della coscienza. Si veda in appendice la bibliografia e il descrittivo completo del corso. Appendice Per una sismografia del disagio della civiltà nelle sue varie manifestazioni , da quelle più repentine e inattese a quelle cumulative e silenziose, che producono sovvertimento e mescolanza, a volte ibrida e distruttiva, altre creativa e trasformativa, che avviene in noi quando l`inerzia e la quiete di quell`arrière-pays viene increspata come l`onda , frastornata dalle voci che non le appartengono e a cui non è preparata, voci che irrompono dall`esterno e voci che giungono dalle province più lontane e dimenticate del mondo interiore, che parlano la lingua selvaggia, barbara e a volte ob-scena della pulsione.. Per comprendere la dimensione tragica di questa lotta perenne e dei suoi esiti, fantasmi e spettri lasciati sul terreno come nuovi, buoni o maligni colonizzatori di quell`arrièrepays, bisogna però dotarsi di una sorta di cartografia. Senza quella cartografia mista e mescolata, che descrive e svela la condizione esistenziale del soggetto, il suo stare-al-mondo, quell`arrière-pays diviene vuoto, anzi svuotato dai suoi veri inquilini per far posto a vaga emozionalità, al triste «pensare positivo», al dominio del «fare adesso», a connessioni neuronali, a meri «pattern» comportamentali (…). Ad 1. Pensieri “ventosi” sull’umanesimo clinico L’umanesimo clinico, pensiero ventoso e leggero, interroga, come fosse una "brise imaginaire ", tutte le dimensioni visibili e invisibili della Cura, che ha, per ogni curante, nello stare in prossimità del "letto del malato" il suo luogo originario. Un luogo concreto, immaginario e insieme simbolico in cui si manifesta a volte con violenza, altre più silenziosamente l’intrigo tra singolarità e comunità, tra dipendenza e autonomia, tra necessità e libertà. Un "luogo etico" per eccellenza. L’umanesimo clinico abita uno spazio liscio, come lo chiamano Deleuze e Guattari nel loro libro Mille Plateaux del 1990, e lo spazio nomade, in contrapposizione allo spazio striato e stanziale della tecnica. “Lo spazio liscio e lo spazio striato – lo spazio nomade e lo spazio sedentario – […] non sono della stessa natura. Ma a volte possiamo notare un’opposizione semplice tra i due tipi di spazio. Altre volte dobbiamo indicare una differenza molto più complessa, per cui i termini successivi delle opposizioni considerate non coincidono del tutto. Altre volte ancora dobbiamo ricordare che i due spazi esistono in realtà solamente per i loro incroci reciproci: lo spazio liscio non cessa di essere tradotto, intersecato in uno spazio striato; lo spazio striato è costantemente trasferito restituito a uno spazio liscio…” "Stare in prossimità" dunque, non troppo lontani da arrischiare di essere "persi di vista" e non troppo vicini per evitare di invadere violentemente lo spazio d’intimità del malato. Su questa "soglia" così facilmente "violabile e violata" accade a volte che si accenda negli occhi, nei gesti e nelle parole di chi cura e di chi è curato la figura dell’Angelo. Il "compagno segreto", colui che sa accompagnare sulla soglia estrema del dolore e della vita, il cammino dell’uomo. Interrogare la figura dell`"Angelo necessario", come lo chiama Cacciari, è un movimento del sentire, del pensare e dell’agire in sé re-ligioso, come è re-ligioso il cuore più profondo della Cura stessa. Re-ligio come esperienza del legame necessario, come ricerca di amicizia e di compagnia. A questo orizzonte tende l`"etica della cura", che l’umanesimo clinico prova a raccontare. Ad. 2 I seminari previsti si propongono di interrogare attraverso alcune piccole soste meditative il ruolo della riflessione filosofico-antropologica nei confronti dei Saperi e delle Pratiche psicoterapeutiche: filosofia come istanza critica, come riflessione etica, come “casa” ermeneutica dei fenomeni psichici, come specola della struttura dell’esistenza, come narrazione della soggettività e come orizzonte di senso. Non c’è infatti nessuna psichiatria e nessuna psicoterapia, che non abbia a suo fondamento una concezione filosofico-antropologica dell’uomo e dell’umano. Una fondazione, una Weltanschauung, da cui derivano le sue scelte epistemologiche, le sue ermeneutiche, le sue assiologie e infine le sue praxeologie. Al cuore di queste riflessioni abita la categoria della Cura, che sarà al centro del nostro percorso. Curati dei tuoi pensieri; diventeranno parole. Curati delle tue parole; diventeranno azioni. Curati delle tue azioni; diventeranno abitudini. Curati delle tue abitudini; diventeranno il carattere. Curati del tuo carattere; diventerà il tuo destino. (Ralph Waldo Emerson) L’uomo ha bisogno di cura, l’uomo è cura, è cura per sé, è cura per l’altro, è cura per il mondo. Se noi togliamo questa dimensione condanniamo il mondo alla sua rovina, lo priviamo della sua “riserva simbolica”. La Cura è infatti ridare vita, custodire la vita, rianimarla anche là dove la vita sta per finire. La Cura come “ostetrica” di sempre nuovi orizzonti, che non smettono di dare senso alla esistenza stessa. La Cura è “ostetrica” dei Possibili anche quando il probabile si impone. Ecco perché il viaggio è in sé incompiuto e infinito. La Cura è insieme amore di sé e dell’altro ed inquietudine di fronte al suo essere testimone dell’esilio dell’esistenza. La Cura nasce là dove la tormenta e l’angoscia del vivere si fa più intensa, là dove l’uomo vive la sua vertigine, il suo morire. Ma proprio là, la Cura è capace di dare una torsione al destino verso una nuova destinazione, un esilio che si trasforma in un esodo, nutrita dalla speranza e dal calore della forte tenerezza di un incontro, coglie il suo lato più solare e salvifico. In questo suo essere generativa è gesto poietico, che trova nella sollecitudine e nella preoccupazione nei confronti dell’Altro e dell’Altrui la sua fondazione (sollecitudesoin- souci: le tre “S” del gesto di Cura). Sollecitudine come amorevolezza, affettuosità, tenerezza, benignità, fratellanza, premurosità, ma anche diligenza, attenzione, accuratezza, scrupolosità, precisione, coscienziosità, rigorosità, premura. Pre-occupazione (Sorge) come inquietudine, incertezza, condizione dell`être-déjà-là prima che l’incontro accada. Parole che costituiscono una sorta di cartografia di ciò che può essere la Cura e insieme orizzonte etico che ne fa il suo telos. La Cura è quello “stare accanto”, quell’accompagnare, quell’attenzione ai dettagli della quotidianità, è quel farsi prossimo a chi mi si fa prossimo “da dovunque venga e ovunque vada”. “Non designa uno stato, scrive Cacciari, ma l’agire di colui che si ad-prossima”1. Senza questo movimento, che ne fonda il suo orizzonte etico, senza quel “renderci conto”, senza quel saper portare su di sé la “responsabilità della responsabilità” dell`Altro nella sofferenza o nella disperanza, come scrive Lévinas2, la Cura semplicemente non è. Antidoto al suo decadimento, al suo sfarinamento nella mera meccanica di gesti riparatori, che arrischiano di cancellare la singolarità di ogni uomo e lo riducono a “uomo statistico”, sta la forza della Narrazione e della Parola capace di ricreare la vita. La narrazione, che diviene così nell’incontro dia-logoi, apertura, passaggio, quel “parlare attraverso” le cose visibili e misurabili per aprirsi all’inatteso e a ciò che può ancora avvenire e accadere a volte con clamore, altre sommessamente al di qua e anche al di là dallo stesso morire. Narrazione condivisa come tessitura a più mani del tappeto della nostra storia, tesa sulle ali del tempo, come diritto ad avere, a recuperare, a reinventare, proprio nel dolore o sulla soglia della perdita di Sé, l’unicità che è depositata nella propria storia di vita (…). Ad 3. Nell’orizzonte dell`arrière-pays (Yves Bonnefoy) del gesto di cura, ci si farà guidare dagli existentialia, come modi di stare al e nel mondo, - come, scrive Heidegger, “l’ensemble cohérent des structures de l’existence: l’existentialité” -, nell’orizzonte di tre parole-giuda di fondamentale valenza antropofenomenologica: l’evento, l’incontro e la presenza, che si articoleranno con la dimensione del desiderio, del terrore e dell’angoscia, che abitano tragicamente l’esistenza e il suo mondo-della vita (Lebenswelt), ma anche i mondi della nostra interiorità. Il mondo interiore è infatti abitato da presenze, istanze, come scrive Freud, mutevoli e sfuggenti (quanto ridicolo a volte lo sforzo della Ragione di catturarli e rinchiuderli in concetti, categorie, eventi storico-biografici). Presenze che possiamo a volte riconoscere come più familiari, altre come straniere, perturbanti, capaci di mescolare, sovvertire la cittadella dell’Io e della coscienza. Qui il gesto e la parola psicoterapeutica si declina come “regione” speciale dell’umanesimo clinico (…), In particolare attraverso la specola degli existentialia si rifletterà sul significato antropo-fenomenologico e psicodinamico dello spazio di cura e del suo setting e del suo tra il tempo dell’inizio e il tempo della fine nel quadro più generale della dell` inter-soggettività. Descrittivo corso di Graziano Martignoni. Bibliografia minima: M. Heidegger I seminari di Zollikon, Guida, Napoli, 2000; L. Binswanger Il caso Ellen West e altri saggi, Bompiani, Milano, 1973; L.Binswanger Melanconia e mania: studi fenomenologici, Boringhieri, Torino, 1971; L.Binswanger Tre forme di esistenza mancata: esaltazione fissata, stramberia, manierismo, Il Saggiatore, Milano, 1964; L.Binswanger Per un'antropologia fenomenologica. Saggi e conferenze psichiatriche, Feltrinelli, Milano 2007; B. Stefano (a cura di) Ludwig Binswanger. Esperienza della soggettività e trascendenza dell'altro. I margini di un'esplorazione fenomenologico-psichiatrica, Quodlibet, Macerata, 2007 P. Ricoeur “A l`école de la phénoménologie”, Vrin, Paris, 1986 ; P. Ricouer " De l`interprétation. Essai sur Freud", Seuil, Paris, 1965 Mi-Kyung Yi "Herméneutique et psychanalyse" Puf, Paris, 2000 J. Laplanche " La révolution copernicienne de la psychanalyse", Aubier, Paris, 1992 R. Schafer (1976) "Un nouveau language pour la psychanalyse", PUF, Paris, 1990 S. Viderman " Construction de l’espace analytique", Denoël, Paris, 1970 P.-L. Assoun "Introduction à l`épistémologie freudienne", Payot, Paris, 1981 S. Freud (1937) "Costruzioni in analisi ", Opere, vol. 11, pag. 555-563, Boringhieri, Torino, 1979 H. Maldiney “Penser l`homme et la folie”, Millon, Grenoble, 1991 Bin Kimura “L`entre “, Millon, Grenoble, 2000 G.Martignoni « Alleati nel Giardino della Cura « , DVD Caritas Tv , 2018 ; G.Martignoni « Venne, bussò ..eccomi ! Cura e ospitalità, un “crocevia di cammini”, in press, 2020; G. Martignoni, “Pensieri nella brezza dei giorni “, Edizioni Dadò, Locarno, 2019 M.T. Russo “Etica del corpo tra medicina ed estetica “Rubettino 2008 E.Jabès (1984) “Il libro del dialogo” , manni , 2016 P.De Luca , “Il logos sensibile di Maria Zambrano”, Rubettino , 2004 M.Zambrano, “L’esilio come patria “, Morcelliana, Brescia, 2016; “Verso un sapere dell’anima “(1991), Cortina, Milano, 1996; “Chiari del bosco” (1977), SE, Milano, 2016 F. Jullien “De l`Être au Vivre. Lexique euro-chinois de la pensée », Gallimard, Paris, 2015 A, Prete “Il cielo nascosto. Grammatica dell’interiorità “, Bollati Boringhieri, Torino, 2016 E. Jabès, “Il libro dell’ospitalità” (1991), Raffaello Cortina, Milano, 2017 U. Curi, “Le parole della cura “, Raffaello Cortina, Milano, 2017 E.Lévinas, « Totalité et infini . Essai sur l`extériorité », Livre de Poche, Paris, 2006 J.-Y. Leloup “Prendre soin de l`Être.Philon et les Thérapeutes d`Alexandrie «, Albin Michel |